Cannabis autofiorente: guida ai cicli di luce

Cannabis autofiorente: guida ai cicli di luce

15/11/2022 Off Di Giulio Frigerio

Oggi come oggi, tantissime persone scelgono di dedicarsi per hobby alla coltivazione di cannabis a livello domestico. In molti casi, ci si orienta verso i semi di marijuana a carattere autofiorente. Questi ultimi sono molto apprezzati dai principianti. Come mai? Perché crescono in maniera estremamente rapida e sono molto resistenti ai parassiti. Un altro aspetto che li rende popolari è il fatto di non essere fotoperiodici. A differenza dei semi femminizzati, crescono infatti sulla base dell’età. Attenzione, però: questo non vuol dire che la gestione dei cicli di luce possa essere totalmente messa da parte.

Anche se ha un ruolo minore ai fini della crescita, va comunque presa in considerazione. Scopriamo, nelle prossime righe dell’articolo, alcuni aspetti che non si possono trascurare.

Cannabis autofiorente: il rapporto con la luce

Come già accennato, i semi di cannabis autofiorente non sono fotoperiodici. Cosa vuol dire? Che il contatto con la luce non è in grado di innescare il processo di fioritura. Il motivo è dovuto alla presenza della cannabis ruderalis, una varietà originaria della Siberia. Parliamo di una zona del mondo nota per i suoi inverni molto lunghi, che hanno portato questa e altre piante a sviluppare un sistema interno in grado di dare il via ai processi di fioritura senza vincoli con la luce.

Detto questo, possiamo entrare nel vivo dei consigli pratici per gestire i cicli di luce nell’ambito della coltivazione della cannabis autofiorente.

Coltivare cannabis autofiorente indoor: il ciclo 18/6 e le altre alternative

In seno alla community internazionale dei breeder, ferve un vivace dibattito per quanto riguarda i migliori cicli di luce per la cannabis autofiorente indoor. C’è chi tende a focalizzarsi verso lo schema 18/6. Per amor di precisione, ricordiamo che questo approccio è considerato il gold standard.

Le posizioni, ribadiamo, sono diverse. C’è chi allo schema sopra menzionato preferisce quello 20/4. Come mai? Perché sarebbe in grado di garantire una produzione finale maggiore. Se si guarda, invece, al punto di vista dei detrattori di quest’ultima soluzione, bisogna sottolineare il fatto che, secondo la loro opinione, oltre le 19 ore di esposizione alla luce le piante di cannabis autofiorente soffrirebbero per via del poco tempo che possono dedicare alle attività biologiche.

In tutti i casi, bisogna mettersi nell’ottica di un consumo di corrente più rilevante rispetto a quello con cui si ha a che fare quando si coltiva cannabis fotoperiodica. Numeri alla mano, le autofiorenti richiedono circa 1/3 in più della spesa.

Ciclo di luce 12/12: quando utilizzarlo

Quando si parla dei cicli di luce da mettere in campo nella coltivazione della cannabis light, un doveroso cenno va dedicato allo schema 12/12. Quest’ultimo è considerato vantaggioso nel momento in cui si punta a massimizzare i risultati della fase di fioritura.

Come negli altri casi, anche in questo c’è chi ha una posizione contraria. In questo specifico frangente, diversi breeder considerano l’approccio 12/12 uno spreco. Come mai? Per via della potenziale possibilità di raddoppiare le ore di luce a cui la pianta viene esposta.

Tutto parte dal principio della fotosintesi clorofilliana, processo che vede le piante utilizzare la luce per produrre l’energia che serve loro per crescere. Più ne hanno, più la fase di crescita risulta efficace.

Ciclo di luce 24/24

Anche il ciclo di luce 24/24 è degno di nota quando si parla di illuminazione della cannabis autofiorente. Sottolineando il suo essere, in contesto indoor, il più oneroso dal punto di vista economico, facciamo presente che diversi coltivatori ne contestano l’efficacia. Come mai? Per un motivo di cui abbiamo già parlato, ossia la necessità, per le piante, di avere una parentesi di riposo durante le ore della giornata.

I suoi fautori, invece, lo elogiano per via della capacità, secondo il loro punto di vista, di produrre una grande quantità di fiori.